Novelle by Ippolito Nievo

Novelle by Ippolito Nievo

autore:Ippolito Nievo [Nievo, Ippolito]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Marsilio
pubblicato: 2013-10-14T22:00:00+00:00


Un veglione

Delirio d’un pazzo

……..

1 Allora le mie idee ingigantirono, come le paure nel cuore d’un bambino; del caos si formarono i mostri e l’amore senza fine e senza speranza avventò l’anima mia in mezzo ai fantasmi.

– Vieni? mi chiese la maschera.

– Vengo; risposi con voce che non parve mia alzandomi dalla viscida panca della taverna. – Trascinato dalla sua mano nella contrada ove agonizzavano le fiammelle del gaz, io sentiva nella mente pensieri strani e rimbombanti che a bufera s’accalcavano – Vengo; seguitava, stridendo ad una ad una le parole fuori dei denti che scricchiolavano – Vengo, benchè mi sappia che sotto il tuo roseo liscio si cela il cranio della morte, e il cuore di Nemesi. Vengo puro di animo e valoroso di coscienza a veder le tue gesta! Vengo per cantar l’esequie ai sicarii e alle vittime, agli scellerati e agli stolti, ai morti e agli immortali!…

2 La città era triste, immensa, spopolata come il deserto, e oscena nella sua quiete come il lago d’Asfalto. Sotto i piedi non s’insaldava la terra, la gran genitrice delle cose; ma una crosta fredda e crocchiante di ghiaccio, il pavimento stesso della Caina. Di sopra non chiarore di luna, nè stelle, nè cielo; ma un bujo opaco e senza fondo; quel bujo stesso che deve dilatarsi fuori dello spazio abitato dai mondi. Non ventolio di apparimenti fugaci, non bisbiglio di spiriti, non rugghio di demoni o crepitar di fiamme o urli di spavento e di angoscia in quella vasta necropoli di anime morte. Silenzio di vita nelle apparenze della vita, passi senza eco, volti privi d’idea, e frammezzo a tutto questo una corsa ruinosa sciolta da ogni senso di piacere, d’affanno, e perfino di moto!… Tale è forse il viaggio degli spiriti ignari fioccanti nel Limbo di Dante.

3 La maschera mi trascinava, come muta vaporiera che trascini il convoglio sopra rotaje di feltro. Ormai ogni rumore s’ottundeva contro l’esser mio raggomitolato in sè medesimo. Al nostro passaggio le ventoline del gaz si spegnevano come le pupille dei mortali al soffio della peste, e per tutti i pori io aspirava con voluttà il presentimento del nulla – No, non ghignatemi in viso, o savii sensuali e codardi!… Il mio nulla è il nulla della carne, che lega i desiderii d’uno spirito eterno alla fortuna dei posteri.

Tuttavia l’atrio per cui ebbimo a passare era come un imbuto, e dentro vi si accalcavano forme varie, bizzarre e tumultuose più di quelle del delirio. Là il silenzio era violato da mille bocche briache; le parole stillavano per l’aria il vino e la tabe; e la luce rossastra, polverosa, palpabile mi feriva negli occhi, simile al fiato dell’ignivoma chimera.

4 – Entra! mi fu detto.

Io scivolai fra quella calca in guisa di pesce che divide guizzando il compatto volume delle acque, e mi vidi a galla nella gran caldaja della pazzia invereconda. Ma i bollori si ritraeano da una rupe di ghiaccio, e i vapori abbrustolati, non potendo penetrare il cervello, mi stillavano sulle guancie in livido sudore fuligginoso.

– Guarda! mi fu detto ancora.



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